Crolla la Montagna

Crolla la Montagna


Il giorno 23 agosto 2017 in Bregaglia (la Valle di Giovanni Segantini e Alberto Giacometti, gruppo alpino del Bernina notissimo per il Pizzo Badile) è crollato un pezzo di montagna oltre i tremila metri: si tratta del Pizzo Cengalo sopra il villaggio di Bondo. La massa franata (si parlava di tre milioni di metri cubi di roccia!) era sotto osservazione da alcuni anni ma è crollata in modo imprevisto sia nei tempi sia nei volumi sia nella struttura del materiale sceso a valle. La si attendeva per dicembre ed era stato preparato un invaso per contenerla, al fine di proteggere il villaggio di Bondo e la strada cantonale: viceversa il materiale è crollato impregnato d’acqua di scioglimento dei ghiacci, per questo ha colmato e superato gli sbarramenti predisposti per la roccia, ed è giunto fino in paese nella forma di colata di fango.

Una guida alpina della zona ha detto di “sentire” da anni il terreno mutato, affermando che il riscaldamento ed il clima stanno producendo questi effetti inconsueti. Le analisi fatte da geologhi e studiosi dei fenomeni alpini puntano il dito sulle scarse precipitazioni nevose dell’inverno trascorso, e sul lungo periodo di canicola vissuto tra giugno e l’inizio di agosto, con l’abnorme scioglimento dei ghiacci alpini, sia quello dei ghiacciai (fenomeno in atto da alcuni decenni, con drastiche diminuzioni dei ghiacci perenni) sia del permafrost, la fine miscela di ghiaccio col terreno presente normalmente alle quote alte. Proprio durante l’estate 2017 è capitato che l’isoterma degli zero gradi centigradi salisse localmente anche intorno ai 5 mila metri di quota, ben sopra la gran parte delle cime alpine, fatto veramente raro.

In effetti da anni si osserva come il permafrost si stia riducendo e manca negli strati di terreno più esterni, rendendoli fragili. Senza la presenza perenne del permafrost a fare da “collante”, il gelo invernale può -in determinate formazioni rocciose più sensibili- aprire fessurazioni pericolose. È una delle conseguenze più evidenti del riscaldamento globale terrestre. Proprio recentemente uno studio climatologico ha mostrato che sulle Alpi si misurano incrementi termici più pronunciati che nel restante territorio (addirittura quasi doppi rispetto alle zone pianeggianti, e già molto vicini ad un aumento di 1.8°C rispetto ad un paio di secoli fa, quando le interazioni umane con l’atmosfera terrestre erano ancora minime): un fenomeno già osservato nelle grandi vallate montane indiane e nepalesi, dove si registrano scoscendimenti mai visti nei decenni precedenti.

Siamo partiti parlando del crollo di roccia dal Pizzo Cengalo sopra il villaggio di Bondo, in Val Bregaglia. Situazioni di possibile rischio per crolli di roccia dai monti sono presenti e conosciuti e monitorati anche con mezzi sofisticati che leggono i micro-spostamenti del terreno nel tempo… ve ne sono a centinaia su tutto l’arco delle Alpi. Anche il ritiro dei ghiacciai offre oggi situazioni di rischio: molte zone prima occupate dai ghiacci perenni sono ora libere e prive dell’azione di compressione prodotta dagli strati di ghiaccio, così ammassi di detriti e roccia sono -in molte zone scoscese- nelle condizioni favorevoli per franare a valle.

 

Poscritto: per approfondire dal punto di vista tecnico quanto argomentato nell’articolo, propongo l’ascolto e la visione di un bel servizio realizzato nella sezione “news in Rete” dalla RSI radiotelevisione svizzera di Lingua italiana (Grazie!). Vengono mostrate bellissime fotografie di numerosi disastrosi scoscendimenti in collina e montagna, molti sono dovuti ad errori ed imperizia umana nel gestire il Territorio e la sua occupazione immobiliare, ma alcuni sono parecchio influenzati dalle modificazioni climatiche col riscaldamento atmosferico. Trovo particolarmente interessante la panoramica descritta dall’ex geologo cantonale ticinese Signor Giorgio Valenti, che offre un ottimo giudizio su “le Alpi si stanno sgretolando?

 

Post-poscritto: giovedì 16 novembre 2017 la Televisione svizzera di lingua italiana ha mandato in onda un completo documento in due fasi, la prima sulla frana di Bondo e su quelle che ancora sono sotto osservazioni nelle Alpi (con esempi in Valtellina e in AltoAdige); la seconda sui ghiacciai e le loro attuali condizioni a seguito del riscaldamento atmosferico, poi sullo scioglimento del permafrost (con l’intervento del glaciologo Giovanni Kappenberger ed altri scienziati della glaciologia). Il documento, realizzato dalla redazione di Falò – RSI è visibile qui: Cronaca di una Frana annunciata.

 

G.D. – ultimo aggiornamento 11 ottobre 2017; 19 novembre 2017

Giuseppe

Studi: Liceo Scientifico Legnano; Ingegneria Meccanica – Politecnico di Milano. Progettista e ideatore di meccanismi ed attrezzature oleo-pneumatiche, impianti automatici e robot meccanici industriali.

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