Torniamo al “da farsi”

Torniamo al “da farsi”


Nei precedenti pensieri avevamo spesso messo l’accento sul perché la conoscenza del “come fare” non si traduce immediatamente nel “fare” ? La nostra risposta era stata che “si conta su decisioni dei “vertici di potere” ma essi sono troppo annodati nella complessità del Mondo per riuscire a svincolarsi ed agire con la necessaria immediatezza”. Alla fine non ci pare neppure tanto una questione di volontà quanto di concreta difficoltà nella concertazione delle scelte: perché ogni scelta sempre danneggia qualcuno e quel qualcuno può difendere legittimamente (in democrazia) le proprie visioni per indurre ripensamento, creando tuttavia ritardo applicativo. Sia come sia, il problema della carenza decisionale nel bloccare i Mutamenti del Clima rimane ed andrà risolto.

Abbiamo poi focalizzato con una certa intensità che “poche persone si impegnano individualmente col proprio comportamento: magari risparmiando energia, magari rispettando la Natura, magari evitando esagerazioni “consumistiche” propagandate come benessere”.

Be’, per ampliare le opinioni oltre le nostre personali, riguardo la prima osservazione si potrebbe dire che i Giovani per il Clima ed anche molti Scienziati di grandi capacità si dimostrano parecchio critici nei confronti della Politica e dell’Economia: le colpevolizzano accusandole punto di mancanza di volontà.

Riguardo la seconda osservazione le cose paiono da qualche tempo uniformarsi nella direzione di ritenere che tutte le singole persone dovrebbero darsi maggiormente da fare, informandosi bene ed applicando i comportamenti più virtuosi possibile. È una strada purtroppo poco praticata, nonostante molte Associazioni spingano da anni la filosofia del fare concreto locale ed individuale, facendo buona divulgazione del “come”; in tale contesto crediamo di aver fatto la nostra parte nello spiegare i fenomeni critici che causano surriscaldamento e mutamenti climatici, in un formato che cerca di appassionare. Durante questi ultimi giorni di fine Settembre 2021, a Milano si sta tenendo una sorta di Forum internazionale alternativo alle annuali Conferenze COP sullo stato della Terra: i Giovani per il Clima si confrontano con Scienziati e Funzionari di rilievo nella Politica e nell’Economia. Pare che, nelle intenzioni dichiarate, i giovani attivisti del rispetto climatico presenteranno una serie di ricette di comportamento individuale atto a ridurre l’impronta della singola persona sui Mutamenti climatici. Immaginiamo non possano essere ricette innovative, visto che già sono esistenti ed evidenti da anni, tuttavia la grande ribalta mediatica potrebbe portarle alla conoscenza di tutti coloro che non se ne sono mai interessati. Vedremo!

Recentemente si ascoltava una nota giornalista d’inchiesta affermare che l’unica nostra possibilità individuale è quella di modificare l’alimentazione, utilizzando prodotti meno invasivi dell’ambiente: in particolare il minor consumo di carne, per limitare gli allevamenti intensivi che producono una buona parte dei gas ad effetto serra surriscaldante; poi il non utilizzare i prodotti derivanti da monocolture agricole, che distruggono le foreste. Sicuramente una buona strada, ma non certamente l’unica.

Ritorniamo dunque a parlare delle azioni che tutti individualmente possiamo compiere per spingere nella direzione desiderata, quella di rallentare o bloccare i mutamenti in atto nel Clima atmosferico. Ripristinare il Clima di almeno una quarantina d’anni fa non è possibile, non nei tempi di alcune prossime generazioni, dunque cerchiamo di evidenziare le azioni ed i comportamenti che aiutino il Mondo a non peggiorare ulteriormente le condizioni vitali!

Perché insistiamo sull’importanza del comportamento individuale? Perché abbiamo ormai sperimentato che azioni politicamente concordate a livello nazionale o trans-nazionale sono una via aspra e disseminata di ostacoli, così che si sta procedendo con troppa fatica. Le eventuali decisioni politiche sui modi di produzione e distribuzione vengono depresse da una serie di altre necessità puntuali nell’immediato, che impediscono visioni di lungo periodo, così che l’abbandono di energie e di attività dannose per il Clima atmosferico non si sta compiendo. Un giovane ambientalista, una Greta Thunberg, può affermare sprezzantemente un bla bla bla delle politiche strutturali del mondo… in realtà se si allarga lo sguardo alle complessità sociali ed economiche, ci si rende conto che una rivoluzione immediata delle strutture (non più sostenibili in senso ambientale climatico) procurerebbe -come ogni rivoluzione- tante teste mozzate, e le teste mozzate sarebbero per lo più tra la popolazione che lavora nelle strutture da modificare. Un esempio chiaro lo si è visto recentemente con la chiusura immediata -ordinata dal Presidente Biden- della costruzione dell’oleodotto petrolifero dall’Alaska alle strutture di trasformazione del Sud statunitense: è stata necessaria per non impedire la transizione verso le energie rinnovabili, tuttavia tutti i lavoratori impiegati hanno perso il lavoro e la loro riqualificazione e ricollocazione non sarà certo immediata.

Osservando gli sviluppi passati ci si potrebbe rendere conto del fatto che il problema non sono gli attuali bla bla, il problema sono i ritardi accumulati nel passato, quando la transizione poteva avvenire davvero ed in maniera graduale (e graduata sul non creare ingiustizie sociali); i ritardi applicativi nel seguire già in passato le indicazioni degli scienziati del Clima hanno viceversa permesso lo sviluppo iperbolico di un sistema “bacato”. Le strutture di questo sviluppo sono negative per l’Ambiente vitale? Certamente! Vanno modificate? Certamente! Tuttavia si è sprecato tutto il tempo che ci avrebbe permesso la transizione “morbida”, così che oggi la transizione rapida necessaria a favore del Clima sarà gravemente impattante sulla socialità del Mondo. Ci pare un aspetto significativo del purtroppo necessario bla bla bla, pur che risulti sgradito perché provocherà certamente ulteriori ritardi.

Torniamo alle scelte individuali. Le scelte individuali (ogni acquisto è un voto a favore dell’Azienda produttrice del bene acquistato ed utilizzato, un non-acquisto è un voto contro) possono far diminuire l’attuale abnorme necessità di energia ed anche ridurre la presenza di quei prodotti a grande impatto ambientale negativo (per esempio quelli a combustione fossile, o le carni da allevamento intensivo, …) a favore di altri che facciano minimo o nullo ricorso alle energie fossili. Quando un numero sufficientemente grande di persone sulla Terra agisce con scelte mirate, può condizionare “automaticamente” le prospettive commerciali delle Aziende, senza necessità di diktat governativi. In fondo così era accaduto in passato, quando i consumatori avevano boicottato i prodotti di Aziende che realizzavano scarpe col lavoro minorile nel SudEst asiatico. Certo occorrerà remare tutti insieme nella direzione della consapevolezza dei problemi da risolvere, eventualmente con degli sgravi finanziari per gli utilizzi ottimali rispetto a quelli non più sostenibili in senso climatico. È necessario provarci visti gli insufficienti risultati diversamente ottenuti sino ad ora!

 

Purtroppo ci siamo dilungati sugli aspetti politici della questione del “fare”, così come ci appaiono. Dunque rimandiamo ad un prossimo contributo il memorandum del “cosa fare” tutti noi individualmente. A presto!

Giuseppe Donati

Giuseppe

Studi: Liceo Scientifico Legnano; Ingegneria Meccanica – Politecnico di Milano. Progettista e ideatore di meccanismi ed attrezzature oleo-pneumatiche, impianti automatici e robot meccanici industriali.

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